martedì 11 settembre 2012

LA SALITA

E' una scala a chiocciola e nell'ultima parte diventa così stretta da passarci solo una persona. Ogni tanto c'è una finestrella stretta stretta, che fa capire quanto ti sei alzato da terra. Piano piano la fatica e la sofferenza aumentano, fino a farmi chiedere perché l'ho voluta prendere quella scala. E' un po' come la vita della maggior parte di noi, che non riusciamo a vedere quello che c'è fuori, perché impegnati nella scalata. Abbiamo un obiettivo: arrivare in cima. Mannaggia, incomincio a pensare che a me non me ne frega nulla di arrivare in cima, che preferisco godermi il continuo e vario paesaggio di una camminata. Mi viene da pensare che poi la devo riscendere, a me che dopo due discese dalla tribuna dello stadio di Firenze mi fanno male i muscoli delle coscie, per via dell'acido lattico o qualcosa di simile. Io e lo sport siamo amici solo per via del lavoro. Finalmente, con un fiatone che mi fa sentire un sessantenne, arrivo in cima per gustarmi il panorama. Delusione: in effetti è solo un ammasso disordinato di case. Non si vede bene nemmeno la città nuova di Calatrava, che rimane per gran parte coperta. Proprio vero, gli obiettivi non ci rendono felici e soprattutto durano poco: una signora da un altoparlante gracchiante, ci dice che dobbiamo già scendere.

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